Concordato preventivo: possibile azzerarlo anche prima della scadenza del termine annuale

A patto, però, che sia oggettivamente accertabile il venir meno della funzione dell’istituto per l’impossibilità di soddisfare i creditori nella misura proposta e omologata, prescindendo da profili di colpa del debitore e valutando lo stravolgimento della struttura e dell’assetto del piano sia nei tempi che negli importi

Concordato preventivo: possibile azzerarlo anche prima della scadenza del termine annuale

Possibile ‘azzerare’ il concordato preventivo, a fronte di un inadempimento di non scarsa importanza, anche prima della scadenza del termine annuale stabilito dalla legge fallimentare. Ciò, però, a patto che sia oggettivamente accertabile il venir meno della funzione dell’istituto per l’impossibilità di soddisfare i creditori nella misura proposta e omologata, prescindendo da profili di colpa del debitore e valutando lo stravolgimento della struttura e dell’assetto del piano sia nei tempi che negli importi. Questo il principio fissato dai giudici (ordinanza numero 3801 del 14 febbraio 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame le obiezioni sollevate da una ‘s.a.s.’ che ha visto prima risolto il concordato preventivo in continuità, regolarmente omologato, e poi dichiarato il proprio fallimento su istanza di due istituti di credito. Già i giudici di merito, a dir la verità, avevano ritenuto inverosimile, in ragione dell’andamento delle liquidazioni e degli scostamenti significativi dei flussi di cassa, che si potessero raggiungere gli importi necessari alla soddisfazione dei creditori in misura non irrisoria. Essi hanno anche ribadito che è ben possibile accertare oggettivamente il venir meno della funzione del concordato preventivo per l’impossibilità di soddisfare i creditori nella misura proposta e omologata anche prima della scadenza del termine annuale stabilito dalla legge fallimentare, cosicché il mancato rispetto delle tempistiche previste nella complessità del piano rappresenta un’ipotesi di inadempimento che, se non di scarsa importanza, consente di pervenire alla risoluzione del concordato. Nel caso specifico, a fronte di un piano che prevedeva il soddisfacimento integrale dei creditori privilegiati e nella misura del 19,32 per cento dei creditori chirografari nell’arco di sette anni, si è appurato che: l’attivo realizzato attraverso la continuità aziendale risultava pari a 2.822.729 euro anziché alla somma attesa di 6.778.692 euro; l’importo fisso costituito dalla liquidità che sarebbe dovuta derivare dall’incasso di crediti, previsto in piano per 3.600.000 euro, era risultato di 1.667.529 euro; la dismissione degli assets non funzionali alla continuità aveva fruttato, a seguito di sei ribassi d’asta, la somma di 1.397.600 euro anziché quella programmata di 6.457.464 euro. E tali circostanze sono state ritenute sufficienti per ravvisare un inadempimento di non scarsa importanza della società in concordato, senza che potesse attribuirsi rilevanza alla prospettiva di incasso di un credito vantato nei confronti del Ministero delle Imprese e dello Sviluppo Economico, in quanto si trattava di un credito fondato su una sentenza non passata in giudicato, non era stata fornita alcuna garanzia della destinazione della somma, mai evidenziata in piano, a vantaggio della procedura e, comunque, occorreva tener conto delle sopravvenienze passive, quale quella per illegittima detrazione dell’I.V.A. oggetto di un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate. Sulla lunghezza d’onda dei giudici d’Appello, poi, anche i magistrati di Cassazione, i quali ribadiscono che è ben possibile accertare oggettivamente il venir meno della funzione del concordato – per l’impossibilità di soddisfare i creditori nella misura proposta ed omologata (sempre che non si tratti di inadempimento di scarsa importanza) – anche prima della scadenza del termine annuale stabilito dalla legge fallimentare. Peraltro, il concordato preventivo deve essere risolto, sempre legge fallimentare alla mano, qualora emerga che esso sia venuto meno alla sua funzione di soddisfare in una qualche misura i creditori chirografari e integralmente quelli privilegiati non falcidiati, salvo che l’inadempimento abbia scarsa importanza, tenuto conto della percentuale di soddisfacimento indicata nella proposta dal debitore, anche se quest’ultimo non si sia espressamente obbligato a garantirla. In applicazione di tali principi, quindi, non vi è necessità di aspettare il termine finale previsto in piano per apprezzare il ricorrere di un inadempimento di non scarsa importanza tale da giustificare la risoluzione.

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