Lesione del diritto all’autodeterminazione del paziente: da provare concretamente l’opzione per una terapia diversa da quella praticata
Impossibile parlare di dissenso presunto solo perché il paziente si è successivamente sottoposto ad un intervento chirurgico, cioè ad una terapia differente da quella praticatagli nella struttura ospedaliera

Il paziente che domanda il risarcimento del danno da lesione del diritto all’autodeterminazione è tenuto a provare che, ove correttamente informato, avrebbe optato per una terapia diversa da quella concretamente effettuata dai medici. Questo il punto fermo fissato dai giudici (ordinanza numero 3582 del 12 febbraio 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame l’istanza risarcitoria avanzata da una donna che, a seguito di una caduta, aveva riportato la frattura del segmento prossimale dell’omero sinistro e che presso una struttura ospedaliera si era vista praticare, senza un’adeguata previa informazione, a suo dire, un bendaggio immobilizzante, non constatando i medici il posizionamento angolato dei monconi e omettendo l’intervento chirurgico d’idonea riduzione della frattura, con conseguente danno all’articolazione della spalla, successivamente sottoposta, presso un’altra struttura ospedaliera, ad un intervento in artroscopia, però con modesti risultati. Chiara la richiesta avanzata dalla donna, ossia ottenere il ristoro dei danni alla salute e di quelli, sempre non patrimoniali, derivanti dalla violazione del consenso informato. Secondo la donna, in particolare, è logico evincere dalla sua condotta, ossia l’essersi rivolta ad una seconda struttura ospedaliera, la conclusione che, se informata, avrebbe consentito prontamente all’intervento di riduzione della frattura. Per meglio inquadrare la questione relativa alla responsabilità medico-chirurgica, i magistrati ribadiscono che ai fini della risarcibilità del danno inferto sia alla salute (per inadempiente esecuzione della prestazione sanitaria), sia al diritto all’autodeterminazione (per violazione degli obblighi informativi) possono in linea generale verificarsi distinte ipotesi: se ricorrono il consenso presunto (ossia può presumersi che, se correttamente informato, il paziente avrebbe comunque prestato il suo consenso), il danno iatrogeno (l’intervento ha determinato un peggioramento delle condizioni di salute preesistenti), la condotta inadempiente o colposa del medico, allora è risarcibile il solo danno alla salute del paziente, nella sua duplice componente relazionale e morale, conseguente alla non corretta esecuzione, inadempiente o colposa, della prestazione sanitaria; se ricorrono il dissenso presunto (ossia può presumersi che, se correttamente informato, il paziente avrebbe rifiutato di sottoporsi all’atto terapeutico), il danno iatrogeno (l’intervento ha determinato un peggioramento delle condizioni di salute preesistenti), la condotta inadempiente o colposa del medico nell’esecuzione della prestazione sanitaria, allora è risarcibile sia, per intero, il danno, biologico e morale, da lesione del diritto alla salute, sia il danno da lesione del diritto all’autodeterminazione del paziente, cioè le conseguenze dannose, diverse dal danno da lesione del diritto alla salute, allegate e provate (anche per presunzioni); se ricorrono sia il dissenso presunto, sia il danno iatrogeno, ma non la condotta inadempiente o colposa del medico nell’esecuzione della prestazione sanitaria (cioè, l’intervento è stato correttamente eseguito), è risarcibile la sola violazione del diritto all’autodeterminazione, mentre la lesione della salute – da considerarsi comunque in relazione causale con la condotta, poiché, in presenza di adeguata informazione, l’intervento non sarebbe stato eseguito – dev’essere valutata in relazione alla eventuale situazione differenziale tra il maggiore danno biologico conseguente all’intervento ed il preesistente stato patologico invalidante del soggetto; se ricorre il consenso presunto (ossia può presumersi che, se correttamente informato, il paziente avrebbe comunque prestato il suo consenso) e non vi è alcun danno derivante dall’intervento, non è dovuto alcun risarcimento; se ricorrono il consenso presunto e il danno iatrogeno, ma non la condotta inadempiente o colposa del medico nell’esecuzione della prestazione sanitaria (cioè, l’intervento è stato correttamente eseguito), il danno da lesione del diritto, costituzionalmente tutelato, all’autodeterminazione è risarcibile qualora il paziente alleghi e provi che dalla omessa, inadeguata o insufficiente informazione gli siano comunque derivate conseguenze dannose, di natura non patrimoniale, diverse dal danno da lesione del diritto alla salute, in termini di sofferenza soggettiva e contrazione della libertà di disporre di se stesso, psichicamente e fisicamente. Applicando queste prospettive alla vicenda in esame, i giudici annotano che secondo la donna è legittimo parlare di un suo dissenso presunto, riferito al trattamento col solo bendaggio, e un suo consenso presunto all’intervento di riduzione della frattura, ma, in realtà, lei non dato prove certe sul fatto che avrebbe senza dubbio optato, sin dalla prima fase delle proprie vicissitudini, per l’intervento chirurgico di riduzione della frattura dell’omero, in luogo del bendaggio immobilizzante praticatole, e ciò non può evincersi dalla mera circostanza che l’intervento sia stato poi eseguito presso un altro nosocomio.