Convivenza con interruzioni: possibile parlare di maltrattamenti in famiglia

Confermata la condanna per un uomo finito sotto processo a causa dei comportamenti violenti nei confronti della compagna

Convivenza con interruzioni: possibile parlare di maltrattamenti in famiglia

Basta una convivenza non continua, caratterizzata anche da improvvisi allontanamenti, sotto lo stesso tetto per catalogare i comportamenti violenti tenuti dall’uomo nei confronti della compagna come maltrattamenti in famiglia. Inutili le obiezioni difensive proposte dall’uomo e mirate a ridimensionare il legame esistente con la donna. I giudici ricordano che per il delitto di maltrattamenti è essenziale il dato rappresentato dall’instaurazione, tra autore e vittima, di un rapporto connotato da reciproche aspettative di mutua solidarietà ed assistenza. Se questo rapporto esiste, e se dunque sussistono, tra i due soggetti, strette relazioni da cui far derivare, almeno sulla carta, rispetto e solidarietà, allora, precisano i giudici, non è nemmeno necessaria una stabile o prolungata convivenza. Ciò significa che il reato di maltrattamenti in famiglia può configurarsi anche qualora la coabitazione sia di breve durata e instabile. In questo caso specifico, tra l’uomo e la donna non solo si è instaurato un rapporto di convivenza, frutto di una relazione sentimentale, ma si è anche protratto per sei anni, seppur con alcune interruzioni.

(Cass. civ., sent. n. 34838/2021)

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